Sergio Marchionne lascia FCA per gravi problemi di salute

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Cambio ai vertici di Fca. Il peggiorare delle condizioni di salute di Sergio Marchionne hanno costretto l’Amministratore Delegato a dare l’addio alla casa automobilistica della famiglia Agnelli, dove vi era approdato nel lontano 2004. Un matrimonio lungo 14 anni che ha visto Marchionne risollevare una società che valeva solo 4 miliardi di euro, non produceva utili e perdeva 2 milioni di euro al giorno. Partito con un piano di contenimento dei costi e di rilancio industriale del gruppo, Sergio Marchionne è riuscito a triplicare i ricavi, passando dai 47 miliardi di euro del 2004 (Gruppo Fiat S.p.A.) ai 141 miliardi di euro del 2017 (FCA, CNH Industrial e Ferrari), raggiungere un risultato netto positivo di 4,4 miliardi da una perdita di 1,5, accrescere la capitalizzazione di oltre 10 volte, passando dai 5,5 miliardi di euro del 2004 del vecchio Gruppo Fiat agli attuali 60 miliardi di euro di FCA, CNH Industrial e Ferrari.

Le condizioni fisiche del manager italo canadese hanno portato i vertici del gruppo a convocare un CDA d’urgenza delle società in cui Marchionne aveva un ruolo, ovvero FCA, di cui era Ad, Ferrari, dove ricopriva la doppia carica di Ad e Presidente e CNH Industrial di cui era presidente.

Al suo posto sono stati, quindi, nominati Mike Manley come Amministratore Delegato di FCA, Luis Camilleri Amministratore Delegato di Ferrari con John Elkann Presidente, e Suzanne Heywood con il ruolo di Presidente di CNH International.

Sergio Marchionne lascia FCA: le parole del Presidente John Elkann

Care colleghe, cari colleghi questa è senza dubbio la lettera più difficile che abbia mai scritto. E’ con profonda tristezza che vi devo dire che le condizioni del nostro amministratore delegato Sergio Marchionne, che di recente si è sottoposto a un intervento chirurgico, sono peggiorate nelle ultime ore e non gli permetteranno di rientrare in Fca.

Negli ultimi 14 anni, prima in Fiat, poi in Chrysler e infine in Fca, Sergio è stato il migliore amministratore delegato che si potesse desiderare e, per me, un vero e proprio mentore, un collega e un caro amico. Ci siamo conosciuti in uno dei momenti più bui nella storia della Fiat ed è stato grazie al suo intelletto, alla sua perseveranza e alla sua leadership se siamo riusciti a salvare l’azienda.

Sergio ha realizzato un incredibile turnaround in Chrysler e, grazie al suo coraggio nel lavorare all’integrazione culturale tra le due aziende, ha posto le basi per un futuro migliore e più sicuro per noi tutti. Saremo eternamente grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per aver reso possibile ciò che pareva impossibile.

Fin dal nostro primo incontro, quando parlammo della possibilità che prendesse le redini della Fiat, ciò che mi ha veramente colpito di lui, al di là delle capacità manageriali e di una intelligenza fuori dal comune, sono state le sue qualità umane. Qualità che gli ho visto negli occhi, nel modo di fare, nella capacità di capire le persone. Ci ha insegnato ad avere coraggio, a sfidare lo status quo, a rompere gli schemi e ad andare oltre a quello che già conosciamo. Ci ha sempre spinti ad imparare, a crescere e a puntare in alto – spesso andando oltre i nostri stessi limiti – ed è sempre stato il primo a mettersi in gioco.

L’eredità che ci lascia parla di ciò che è stato davvero importante per lui: la ricerca dell’eccellenza, l’idea che esiste sempre la possibilità di migliorare. I suoi insegnamenti, l’esortazione a non accettare mai nulla passivamente, a non essere soddisfatto della mera sufficienza sono ormai parte integrante della nostra cultura in Fca: una cultura che ci spinge ad alzare sempre l’asticella e a non accontentarci mai della mediocrità. La definizione che Sergio ci ha dato della parola leader è valida oggi più che mai. Quello che conta davvero è il tipo di cultura che un leader lascia a chi viene dopo di lui. Il miglior modo per giudicarlo è attraverso ciò che l’organizzazione fa dopo di lui.”

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