Una regata, due eroi, un salto evolutivo nello yacht design

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La regata

Dopo 74 giorni di navigazione e 24mila miglia attraverso tutti gli oceani del pianeta, Armel Le Cleac’h vince l’ottava edizione della Vendee Globe, con un distacco di sole 16 ore sul secondo arrivato, Alex Thomson. Un’edizione epica quella di quest’anno, in cui sono successe talmente tante cose che più che una gara sportiva a molti è sembrato un romanzo thriller.

C’erano le nuove barche con i foil, un’innovazione importante per gli IMOCA 60 (barche lunghe 18 metri, completamente in carbonio, con chiglia basculante) che già sono i monoscafi più estremi mai visti.

C’erano due concorrenti agguerritissimi, su due barche decisamente al top: Banque Populaire di Le Cleac’h e Hugo Boss di Thomson.

E c’era il mare in mezzo, con tutto ciò che questa immensità contiene e nasconde, tipo anche gli oggetti semi-sommersi caduti da qualche cargo. Uno di quegli oggetti che è l’indiziato più probabile di quello che è successo il 13° giorno di regata, quando Thomson era saldamente in testa e la sua barca si era già dimostrata la più veloce. Mentre navigava (o sarebbe meglio dire volava) a più di 24 nodi un improvviso botto sul fianco di dritta annunciava la brutta notizia che il foil su quel lato si era rotto in modo irreparabile. Da quel momento Hugo Boss è stato un’anatra con l’ala spezzata, costretto a cercare di navigare sempre mure a dritta (ovvero con il vento che arriva da destra) in modo da usare il foil di sinistra. Le differenze di prestazioni tra un bordo e l’altro erano infatti rilevanti. Sul lato senza foil Hugo Boss perdeva il 30% di velocità e subiva uno scarroccio di 3 gradi in più. Le Cleac’h lo raggiungeva e si portava in testa, lasciando a Thomson il ruolo di inseguitore.

Regata Vendee Globe

In qualsiasi altro sport tecnico la gara sarebbe finita lì, con una solitaria cavalcata del leader della corsa verso il traguardo di Les Sables-d’Olonne, ma la vela non è uno sport come gli altri, e una regata in solitario in giro per il mondo non è un’attività che possa essere facilmente compressa dentro la parola “sport”. Al passaggio della boa di Capo Horn, cominciando la risalita dell’Atlantico, la distanza tra Le Cleac’h e Thomson è di 700 miglia, ma qui le condizioni meteo cambiano e Thomson può navigare costantemente mure a dritta, cioè con il foil di sinistra in acqua. Comincia una cavalcata che entrerà nella storia della nautica moderna. In pochi giorni Thomson riesce ad arrivare a sole 30 miglia dal leader della corsa: la vittoria è di nuovo in gioco. Comincia una regata ravvicinata a due che si protrae fino all’altezza della Manica, dove Le Cleac’h riesce a dare l’ultima zampata ed arrivare al traguardo per primo.

Regata Vendee Globe

La tecnica

Armel Le Cleac’h ha concluso la regata fissando la velocità media a 15,4 nodi. Il record di percorrenza sulle 24 ore è stato però di Thomson, che ha fermato il log a 22 nodi. Stiamo parlando di velocità che sarebbero notevoli con barche a motore e che su barche a vela sono semplicemente siderali. Questo impegnativo banco di prova ci ha dimostrato che la tecnologia dei foil è già matura e affidabile. Nessuna delle 7 barche attrezzate con i foil ha subito avarie (se non dovute a impatti con corpi esterni). I foil consentono maggiore velocità e minore scarroccio, oppure stessa velocità con meno superficie velica, quindi baricentro più basso e maggiore stabilità. La superiore velocità si trasforma in un fattore di sicurezza attiva rendendo possibile navigare nella posizione migliore rispetto a una perturbazione, cosa che era già stata resa possibile dalla chiglia basculante, ma adesso ancora più semplice da fare. Da considerare la differenza tra i foil della barca di Le Cleac’h e quelli della barca di Thomson. I primi generavano più spinta laterale (coppia raddrizzante) i secondi puntavano invece al sollevamento dello scafo e quindi a una navigazione con meno superficie bagnata. Per entrambi comunque l’impiego di questa tecnologia non è stato tanto rivolto al raggiungimento della massima velocità possibile, ma come strumento per rimanere agganciati alle base pressioni e per evitare le alte, migliorando quindi la percorrenza media di lungo periodo.

Regata Vendee Globe

L’opinione degli esperti

Robin Knox-Johnston, navigatore in solitario: “Da notare che i primi due arrivati hanno entrambi battuto il record del giro del mondo del trofeo Jules Verne del 1994, quando io e Peter Blake vincemmo su Enza, un catamarano di 28 metri. Questo è progresso”.

Vittorio Malingri, navigatore in solitario: “Quando feci io la Vendee Globe nel 1992, regatai con una barca progettata e costruita da me. Oggi per partecipare il budget di partenza è di almeno un milione di euro e i due top team hanno speso tra i 10 e i 12 milioni di euro”.

Umberto Felci, architetto navale: “Non c’è una concreta possibilità di trasferire la tecnologia dei foil alle imbarcazioni da crociera, perché i foil si basano sul presupposto della estrema leggerezza, cosa che su una barca di serie, fosse anche da crociera-regata non potrebbe mai esserci, a meno di rinunciare a tutti i comfort a bordo”.

Vincent Lauriot-Prevost, progettista e fondatore del cantiere VPLP, specializzato in scafi da competizione: “La prossima evoluzione sarà il full-foiling, ovvero lo scafo completamente fuori dall’acqua, sostenuto solo dai foil. Sarà un processo abbastanza lungo, ma non ci sono ragioni per considerarlo impossibile”.

Fonte: Bolina, numero 350

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